17.8.10

tempo di migrazioni

proprio perché "né di venere né di marte". proprio perché è pure il 17.
contro ogni tentazione, DA OGGI, le canzoni di viaggio le si ascolta solo qui.
(versioni ancora in trasformazione, per cui, se nei prossimi giorni vedrete un milione di cambiamenti, non fateci caso. si sta solo scegliendo la tonalità giusta).

16.8.10

Udin remastered


Ho sempre trovato bella Udine. Ieri sera lo era particolarmente: un cielo azzurro come quelli che si vedono sopra Lecce, prima del tramonto, e la città semi-deserta come richiede ogni Ferragosto che si rispetti. Uscire a fare una passeggiata ha declinato in modo originale la festa delle grigliate e delle Frecce tricolori.
La camminata si è fondata sul principio del “casaccio”. Quello che porta a ridisegnare la geografia visiva e sonora dei posti “soliti” e di norma più affollati, da cui scivolare via rapidamente; quello che porta a ritarare l’orecchio sulle lingue più o meno riconoscibili dei turisti, che spiccano nell’assenza di autoctoni rendendo tutto più amabilmente glocal (cit.); quello che porta a infilare, talvolta, vicoletti mai esplorati prima per banale pigrizia o scialbo disinteresse – mica per cattiveria. 
C’è poi una deliziosa palazzina rosa antico, smussata come un arco, in cui si affittano svariate metrature e davanti a quel cartello discuti su che cosa ci si potrebbe fare dentro, un po’ del tuo e un po’ del mio. C’è un baretto chiuso accanto alla roggia, nascosto tra palazzi in stile inspiegabilmente barcellonese, dove non ci vai se non sai. Ci sono foto e salti d’acqua, ciotoli e “non vedo l’ora”. 
Ti accorgi solo in quel momento, pur essendoci passata sotto cinque milioni di volte, che il palazzo del Monte Paschi è fatto proprio così, ma se te l’avessero fatto vedere in foto l’avresti collocato a Gorizia, magari, e mai a Udine. 
Si fa la cernita dei negozi nuovi, di quelli chiusi e di quelli che si sono spostati da qui a lì, con tutto il loro carico di tè, spezie, circoli e sale rosa dell’Himalaya. Ci si spinge un po’ più in là del centro, ma proprio poco poco, si constata che in quella via c’è il vero deserto® – neanche un covone di fieno sullo sfondo – e si fantastica di qualche piano strategico per defibrillare la moritura. Si arriva fino al negozio di stampe, dove aggiungono termofusioni artistiche made in Udine alle tele con le immagini del mondo. Si rientra in zona semi-viva e si scelgono le panche del Gambrinus, che è sempre dietro l’angolo, pronto ad abbracciarti nella sua corte di sassi e muri candidi. 
Due birre e deliziose patate al forno, preferite a una bruschetta che immediatamente dopo ordinano i vicini di tavolo. Vedendola arrivare – un trionfo di lunette di pomodoro, pane croccante e basilico -, si rosica un po’. Uno spontaneo e immediato scambio di sguardi dice tutto. Ma alla fine siamo proprio soddisfatti così. Perché si chiacchiera un sacco, ci si prende la mano, ci si sorride e si ride, si infila il naso nella schiuma, tra bianca e bionda, si fa un po’ di fumo e un po’ di spazio a due coppie di stranieri idiomaticamente impossibili. Intanto il cielo si scurisce, senza farlo pesare. Digrada lento, nel silenzio di Ferragosto, sotto questa Udine particolarmente bella.

9.8.10

Osservazione

Ti accorgi che è quasi Ferragosto perché la gente, in città, cammina più lenta.

6.8.10

Una scusa per tornare a Londra

Il più grande lavoro di Picasso non poteva che parlare la lingua della danza a cinque stelle, quella dei Ballets Russes
Ovvio.


Al V&A Museum

5.8.10

di ritorno

vista qui
che ormai si chiami via vianello non c'è dubbio. almeno per due persone. quando lei la imbocca da sola, la sera, che è già buio e non è distratta a cercare le chiavi nel tumulto della borsetta, allora succede una cosa piccola e dolcedolce. che poco prima di svoltare nel vicoletto e disarcionare la serratura occasionalmente difettosa, senza smettere di camminare, riesce a guardare oltre un portone piuttosto imponente coronato di verde. se sta col naso bene in su, tra i rami riesce a scorgere una veranda civettuola con vetri grandi e bordati di bianco deciso, là dietro, al primo piano. qualche volta, si vede la luce provenire da dentro e allora lei sa che la aspetta. altre volte la luce è spenta, ma quello che prova è un sorriso uguale, la stessa azione cerebrale proposta dal verbo riconoscere. perché può godersi la sensazione che questa volta tocchi a lei il privilegio di aspettare. perché riconosce, appunto, che quella è casa.

2.8.10

è ufficiale

ho ricominciato a sognare. così, all'improvviso. dopo una lunga carriera di sognatrice, istantaneamente e semplicemente, avevo smesso. niente di traumatico. non mi ricordo neanche più quando, tipo tre anni fa. ogni tanto capitava, sì, che mi ricordassi qualcosa, ma niente di strabiliante come ci si sarebbe aspettati da una professionista come me. poi, un paio di settimane fa, uno dopo l'altro, i sogni sono tornati. alcuni divertenti, altri assolutamente psichedelici. come il penultimo. una camminata dentro vagoni di treno, controsenso, ogni vagone scenografato in modo diverso, ognuno un set diverso e meravigliosamente avant-pop della mia passeggiata a ritroso. poi, arrivata all'ultima carrozza, ho cominciato a volare, per uscire dal treno attraverso un pertugio che sembrava una grande buca della posta. musica dolce ed elettronica spingeva dai finestrini mentre levitavo fuori, leggera come una busta o una cartolina. semplicemente felice. di una contentezza talmente credibile e paciosa che non mi sarei più svegliata, ma avrei continuato a planare nella festa-della-madonna (sic!) che mi aspettava là fuori, un misto tra woodstock e il regno degli elfi silvani-che-se-l'avesse-visto-tolkien. poi l'ultimo sogno, ieri sera. la danza che torna sempre, e la musica, e i palchi sulla spiaggia. e un nugolo di ballerine in tutù, tra cui, inspiegabilmente, cristina. agghindata di un passamontagna verde pisello con una bella corolla rosa shocking appiccicata in punta di testa. "io? faccio il fiore!", mi dice ridendo. già, cazzo di domande faccio?

29.7.10

lina sotis concede il bis

mica come quel tamarro di paganini

«...massì, se hai segnato quella casella, significa che, come dire, butti su un altro contratto le detrazioni. altre detrazioni, però. come dire, lascia stare quelle di figli a carico, genitori a carico, cazzi a carico e così via...»
(già. come dire?)

Olé!

E io sono un po' più contenta.

27.7.10

lina sotis è a palazzo

 (pausa chiacchiera al quarto piano)

«...mmmm, che buon profumo, questo tabacco. ci sono abituata, perché mio marito fuma toscani, toscanelli, il sigaro. ogni tanto dò qualche pippata anch'io. sì, non sempre. quelli buoni. non quando prende quelle robe tipo alla grappa, alla vaniglia, alle cagate...»

26.7.10

per chi non fraintende...

...c'è questa canzone della buonanotte. che è proprio aspra, se la si legge e la si sente, ma è una ninnananna stupenda. o per me è sempre stata così. specie stanotte, che c'è una luna selvaggia e libera.