25.2.10

nuance


c’è da levarsi le calze dagli occhi, quelle che ho avvolto e annodato alla testa come maldestra mascherina paraluce.
c’è da scoprire che il sole spinge forte dalla finestra e si spande dentro due iridi che non si vogliono proprio rendere conto che è giorno. perché lo era già un attimo fa, mentre m’infilavo sotto le coperte. è già giorno, è giorno sempre, è sempre notte.
ci sono il sole di adesso e la luna di poco fa, e si guardano, come quelli di carta d’oro ritagliati e appiccicati sulle finestre della sala.

c’è la doccia che aspetta solo di fare il suo lavoro, di abbeverare un corpo e una faccia aridi di un paio d’ore di sonno.
c’è un sorriso che spunta estemporaneo e incontenibile e stupido e allegro, per dare l’espressione di oggi al viso di sempre.
c’è che le braccia e le gambe non reggono.
c’è voglia matta di un caffè e non avere tempo per prepararlo.
c’è da vestirsi e mettersi in marcia dentro il cielo blu – ma blu-bluissimo –, attraverso una mattina insolitamente tiepida e gradevole; attraverso la gente vispa e la gente assonnata che si aggrappa a una brioche per non cadere; attraverso i macchinoni in doppia fila impazienti di rombare di nuovo, al termine della colazione vip; attraverso il mercato senza cinesi, il mercato di pesci e sciarpe e frutta e borsette e puzza e secchiate d’acqua sulle lastre della piazza; attraverso studenti e lavoratori, impiegati, operai, manager, fattorini, furgoni, biciclette e passi spediti; attraverso pane fresco e dunque caldo, muratori già stufi di essere svegli, ristrutturazioni e cemento e profumo di colazione; attraverso due vecchine di quelle di una volta, che sembrano finte da quanto sono luoghi comuni al gusto di polvere e bauli, con il fazzoletto scuro in testa, il golf di lana massiccia e la goccia che pende dal naso; attraverso la giostra dei bambini che si specchia sulle vetrate del municipio; attraverso dazed and confused (and happy) e barcollare ubriaca di tutto e di niente, leggera e affamata, come un mini-trampoliere con gli stivali e lo stomaco parlante…
c’è da vestirsi e mettersi in marcia dentro tutto questo arcobaleno, dentro la città che si sveglia amica.
c’è da vestirsi con tutto quello – e solo quello – che capita sotto tiro per fare in fretta.
c’è da vestirsi così per non sbagliare combinazione.
perché oggi, per tanto e per poco, per tutto e per niente…

oggi porto addosso tutti i colori del mondo.

1 commento:

Biancaneve ha detto...

c'è da dire che questi colori e questa passeggiata sorridente attraverso la città mi hanno rallegrato la giornata della prima volta in cui li ho letti...
allora li rileggo un'altra volta, oggi, che questo opaco di sensazioni stenta a rischiarare.