29.3.10

benchmarks*


La sveglia suona alle 7.40 perché il contratto dice “al lavoro alle 8.30”.
Ma lei si alza alle 8.20.
Merda.
Ritardo.
Di nuovo.
 
Tachicardia.
Non va. Non va.
S’infila dentro i jeans e le scarpe da ginnastica in una mossa sola, si sciacqua il cuscino dalla faccia. 

Se solo le piacesse ancora lavorare lì!
Deodorante, maglietta pulita, occhiali, borsa, chiavi della macchina.
Partita.
La strada è sempre quella e la macchina va da sola. La strada corre sotto le ruote, la musica si accende, perché la musica non può mancare. Perché la musica è il suo vero mestiere e lei lo sa, ma non abbastanza.
Un gomitolo di pensieri nella testa che odora ancora di lenzuola. Si srotola, centro metri alla volta. Man mano che capisce che, nonostante tutto, ce la farà anche oggi. Sempre sul filo. Sempre.
Riuscirà un’altra volta a schivare il cazziatone del capo, lo sguardo sconsolato e molesto di una collega sempre più inutile.
Ce la farà perché oggi c’è il sole. E perché nel disordine del mattino e nell’assenza di stimoli, per fortuna, ritrova i suoi punti di riferimento.
Il nonnino che mette la freccia per fermarsi in panificio. Il postino davanti al supermercato. Lo scuolabus che arriva dalla direzione opposta più o meno all’altezza dell’incrocio.
Allora si rilassa un po’, mentre si scioglie la ruga di orrore che le si era scalpellata sulla fronte appena aveva visto l’ora, svegliandosi di soprassalto.
Su il volume, signori!
E il riff è più frenetico, quasi metal, nel live che pulsa attraverso lo stereo.
I took a drive today
Try to emancipate

E adesso arriva anche lui.
Adesso ci siamo tutti.
Auto sportiva.
Scura.
Arriva alle spalle.
I seem to look away
Wounds in the mirror waved

Canzone perfetta, momento perfetto. E lui, insulsamente, perfetto.
S’incrociano ogni giorno. Da quanti mesi? La mascherina rettangolare degli specchietti è il loro muto confessionale e i loro occhi appiccicati lì sopra gli unici vocaboli di segrete, reciproche ammissioni.
Lui supera e si lancia in avanti. Poi rallenta. Ed è il suo sguardo a specchiarsi, adesso. Ad ammiccare verso di lei. A farle l’occhiolino. A suggerirle «Ora tocca a te».
Freccia e via: un sorpasso lento, per restare affiancati per pochi istanti, il tempo dell’unico sorriso che non sia riflesso, da un finestrino all’altro.
Una volta ancora questo piccolo rituale, che non c’è traffico sulla strada.
Una volta ancora questa assurda, elettrizzante intesa.
Poi lei svolta a destra. Lui prosegue. Lei sta meglio. Come sempre.
Il piccolo rituale del buongiorno, il piccolo respiro prima di immergersi in una giornata di fatture, carico e scarico. Di gestione idiota dell’azienda, di visioni del mercato oblique e distorte dalla sciatteria.
Once you were in my
Rearview mirror

Il piccolo rituale del buongiorno. Così rituale che no, neanche stavolta si segnerà la targa.
Perché è insulsamente perfetto così.

(racconto liberamete ispirato a una confessione notturna di c. 

e titolo * intenzionalmente ispirato a un migliaio di risate con s.)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Tu sei perfetta! Neanche viverlo è stato così...così...perfetto! thanks, ancora una volta!
c.

canzoni di viaggio ha detto...

...il tuo racconto è stato perfetto, farfallina! kisses&hugs to you!

Biancaneve ha detto...

Appena letto.
Farfalle* nello stomaco, elettricità condotta fino a qui.
La strada scorreva anche sotto di me, che sorpresa (delusa?), alla fine del racconto non avevo nessuno che frenasse col dolce, nauseante rinculo dei sedili di stoffa e cruscotti di plastica ruvida. Ma per fortuna c'è una tastiera a cui aggrapparsi mentre scorrono le righe sullo sfondo verde cinabro, prima di parcheggiare sul ciglio della scrivania e risintonizzarmi sul fruscio dei fogli, dei camici, il click delle piccole leve meccaniche di altre lenti e specchi, più piccoli.

Sono d'accordo: un racconto perfetto.
(E quindi fa due preferenze pari per ciascun narratore.)
*Metafora non cruenta, mi concedano le farfalline in ascolto.

canzoni di viaggio ha detto...

biancaneve... e allora, quand'è che ti decidi ad aprire questo blog e a sbaragliare il mio verde cinabro? I love dottoressa house!
p.s. il verde cinabro. solo tu. come il giallo paglierino (tipico del sauvignon). come il biondo-dorato-rame (quello che mi ero fatta sui capelli in quinta liceo. no comment). come il cremisi. che ogni volta devo andarmi a ricontrollare che cazzo di colore è... (punto a farmi assumere dalla pantone inc.)