16.8.10

Udin remastered


Ho sempre trovato bella Udine. Ieri sera lo era particolarmente: un cielo azzurro come quelli che si vedono sopra Lecce, prima del tramonto, e la città semi-deserta come richiede ogni Ferragosto che si rispetti. Uscire a fare una passeggiata ha declinato in modo originale la festa delle grigliate e delle Frecce tricolori.
La camminata si è fondata sul principio del “casaccio”. Quello che porta a ridisegnare la geografia visiva e sonora dei posti “soliti” e di norma più affollati, da cui scivolare via rapidamente; quello che porta a ritarare l’orecchio sulle lingue più o meno riconoscibili dei turisti, che spiccano nell’assenza di autoctoni rendendo tutto più amabilmente glocal (cit.); quello che porta a infilare, talvolta, vicoletti mai esplorati prima per banale pigrizia o scialbo disinteresse – mica per cattiveria. 
C’è poi una deliziosa palazzina rosa antico, smussata come un arco, in cui si affittano svariate metrature e davanti a quel cartello discuti su che cosa ci si potrebbe fare dentro, un po’ del tuo e un po’ del mio. C’è un baretto chiuso accanto alla roggia, nascosto tra palazzi in stile inspiegabilmente barcellonese, dove non ci vai se non sai. Ci sono foto e salti d’acqua, ciotoli e “non vedo l’ora”. 
Ti accorgi solo in quel momento, pur essendoci passata sotto cinque milioni di volte, che il palazzo del Monte Paschi è fatto proprio così, ma se te l’avessero fatto vedere in foto l’avresti collocato a Gorizia, magari, e mai a Udine. 
Si fa la cernita dei negozi nuovi, di quelli chiusi e di quelli che si sono spostati da qui a lì, con tutto il loro carico di tè, spezie, circoli e sale rosa dell’Himalaya. Ci si spinge un po’ più in là del centro, ma proprio poco poco, si constata che in quella via c’è il vero deserto® – neanche un covone di fieno sullo sfondo – e si fantastica di qualche piano strategico per defibrillare la moritura. Si arriva fino al negozio di stampe, dove aggiungono termofusioni artistiche made in Udine alle tele con le immagini del mondo. Si rientra in zona semi-viva e si scelgono le panche del Gambrinus, che è sempre dietro l’angolo, pronto ad abbracciarti nella sua corte di sassi e muri candidi. 
Due birre e deliziose patate al forno, preferite a una bruschetta che immediatamente dopo ordinano i vicini di tavolo. Vedendola arrivare – un trionfo di lunette di pomodoro, pane croccante e basilico -, si rosica un po’. Uno spontaneo e immediato scambio di sguardi dice tutto. Ma alla fine siamo proprio soddisfatti così. Perché si chiacchiera un sacco, ci si prende la mano, ci si sorride e si ride, si infila il naso nella schiuma, tra bianca e bionda, si fa un po’ di fumo e un po’ di spazio a due coppie di stranieri idiomaticamente impossibili. Intanto il cielo si scurisce, senza farlo pesare. Digrada lento, nel silenzio di Ferragosto, sotto questa Udine particolarmente bella.

1 commento:

Biancaneve ha detto...

Oh!! La palazzina rosa antico smussata come un arco!! Il baretto nascosto! Aaah! Amo! Amo tutto!