13.2.10

Sabato (in)grasso

Le vecchie strade del centro sono prese d'assalto da una giungla di minuscoli tigrotti, che si aggirano barcollando sotto il peso delle pellicce maculate. Inciampano malfermi sui sassi addolciti dal calpestio di miliardi di scarpe, ogni fessura zuppa della nevicata di coriandoli, accesi dalla luce di un cielo blu come d'estate.
Piccoli dalmata, orsacchiotti, asinelli e topolini, tanti animaletti pelosi che si contendono carezze e abbracci, che si destreggiano tra corse improvvise e cadute altrettanto improvvise nello zoo del carnevale, mentre le mamme illuminano a intermittenza questo sabato d'inverno, in bilico tra l'ingenuo e l'ammiccante, con le loro orecchie da conigliette, comprate dall'ennesima metamorfosi commerciale dei ragazzi delle rose. 
E poi cuori dappertutto, coincidenza di feste di divertimento e d'amore, quest'anno.
Cuori e bestioline da strizzare.
E i papà.
...Quanto sono belli i papà?
I papà che rincorrono, i papà che guardano da lontano, che caricano sulle spalle, che giocano, che sbaciucchiano, che tengono per mano.
...Quanto sono teneri i papà?
Sempre più ragazzini, sempre più nonni. Sempre più meravigliosi papà.
Immersa nella sagra delle feste comandate, della tradizione allegra e mercificata, della baldoria misurata come può essere misurata solo una baldoria friulana, sbircio senza discrezione questo dolcissimo spettacolo di uomini grandi e piccoli uomini. E non ci posso fare niente, questo dolcissimo spettacolo mi scioglie il cuore, lo solleva dalla colpa di aver sputtanato mezzo stipendio in libri e film, mi fa dimenticare che l'acciottolato fa un male cane sotto i piedi, come quando cammino scalza al fiume per cercare il sollievo dell'acqua.
E non stride la “musica del caso” (grazie Auster) dentro le orecchie, non stride una brioche siciliana che diventa sempre più piccola in mano e sempre più grande nello stomaco, non stride la solita lacrima, sempre pronta, seduta con le gambe che ciondolano sullo steccato dell'occhio.
Entro nella piazza dei mercanti di tutto, ai piedi del castello che vigila silenzioso e lontano, sbuco tra le strade dell'eccidio e dell'amore segreto di 499 anni fa. Mi intrufolo nell'itinerario di una Udine che ha trasformato le razzie in mezze parole spifferate alle orecchie giuste, tra i corridoi del potere, di una Udine che ha smesso di versare sangue nel pozzo di via Stringher preferendo far sparire gli scomodi con lo scandalo o la sottrazione omertosa delle luci della ribalta.
Mi ricordo così che è carnevale. E che 499 anni fa sbocciava un amore, proprio qui, tra queste corti impolverate e rimesse a nuovo, tra queste stradine a traffico limitato dove sorgevano palazzi di cui restano solo impronte di perimetri e fondamenta. E io lo so, io vedo com'erano, tutti interi, illuminati dalle torce, tra abiti lunghi, corsetti, cospirazioni e spade.
Li sento tutti, cementati nel mio posto segreto, un passo dietro lo stomaco.

4 commenti:

marcopress ha detto...

capolavoro

canzoni di viaggio ha detto...

(siamo già a 200 euri. qui si mette male... :) )
in che bestioline hai trasformato i tuoi pargoli, papà?

marcopress ha detto...

una Winx e un bambino che piange tutta la mattina. Maschera riuscita benissimo

canzoni di viaggio ha detto...

...pierrot, il classico che non stanca... ahahah!