26.2.10

Tonight is the night

Un mese e due numeri. Il mese è febbraio. I numeri sono 26 e 1511. Cioè un oggi di 499 anni fa.
Siete ancora in tempo per il superenalotto, io ve lo dico. Perché gli anniversari si ricordano spontaneamente finché continua a vibrare un’emozione. E da queste parti continua, potete credermi. È una vibrazione che mi sembra funzioni tipo una sveglia, attivata in un istante remoto e poi dimenticata. Una sveglia che si mette a squillare all’improvviso, scuotendo dalle nebbie del sonno quell’istante remoto.
Occhio che, se fosse il 1511, domani sarebbe giovedì grasso. E si chiamerebbe, con un sapore un po' così, zobbia grassa. Mica male. Peraltro, se fossimo a Udine, e dico Udine centro, questo nome, qualche tempo dopo, riceverebbe in dono un aggettivo qualificativo destinato a rimanergli appiccicato per sempre: crudel(e). Splendido regalo, la storia. Già.
Ma torniamo a oggi, perché è oggi che conta. Perché, dico... se oggi fosse proprio il 26 febbraio del 1511, quell’aggettivo non ci sarebbe ancora. Ci sarebbe solo una vigilia. Ci sarebbe una coincidenza, da chiamare caso e fortuna.
Un ballo in maschera, ché in tempi crudeli anche l’odio si traveste per carnevale.
Il costume è d’effetto. E funziona. Funziona per il tempo che serve. Per il tempo che basta per scambiarsi un bacio e una promessa.
Allora, ok. Riavvolgiamo il nastro, cari i miei romanticoni - vi ho visti comprare i cioccolatini a forma di cuore, a San Valentino, è inutile fare i duri adesso. Insomma, sbuchiamo in piazza Venerio e lasciamo che l’immaginazione ricostruisca pietra per pietra un palazzo che non c’è più. Un palazzo di quelli un po' fighetti. Ristrutturiamo accuratamente le mura, cuciamole insieme con dell’abbondante colla vinilica in uno stile che sia veneziano ma anche un po’ austriaco – perché 499 anni ci hanno insegnato a essere bipartisan –, seguendo con attenzione il perimetro di fondamenta. Le vedete? Sì, perché si vedono ancora, intagliate nel cemento con cui è stata ricoperta la piazza molto più di recente. Fatto?
Perfetto. Ora immaginiamo stanotte. Immaginiamo Lucina nel suo abito più bello, pronta ad affrontare il suo ingresso in società. Facciamoci scortare lì da Luigi, inviato in incognito per sorvegliare gli avversari, nascosto dallo schermo di una maschera. Luigi che dimentica il suo incarico e si lascia distrarre dalla luce di uno sguardo nuovo – e meravigliosamente “nemico” – da intrecciare al suo. Tirava così anche all'epoca, e ringraziatemi che trattengo la mia abituale trivialità. Ebbene, dicevo Luigi e Lucina. Due ragazzi separati dalle faide familiari e politiche. Due ragazzi che stanotte incroceranno il loro sguardo per la prima volta, ascolteranno la stessa musica e balleranno insieme. Le loro mani e le loro labbra si sfioreranno. E loro danzeranno alla stessa cadenza, quella di un cuore che batte e ribalta lo stomaco.
Volete scegliere le parole migliori per descrivere un amore tragico? Le ha scritte Shakespeare, non si discute. Ma pare proprio che, senza andare a scomodare i perché e i percóme, gli sia capitata tra le mani la cronaca, rivista e corretta, di una storia d’amore udinese. Proprio quella che sta per sbocciare stanotte. Vero vero, eh? Fidatevi sulla parola. E se non vi fidate, leggete qui o qui (o dovunque pensiate siano più credibili di me). Stanotte, però, non c’è ancora nulla di tragico. C'è solo quell'amore immenso, che ancora deve nascere. C’è ancora solo il bello. 
Allora corriamo questo rischio, perché le parole dell’amore sono imprudenti, si sa, e ci si deve buttare. Non ci si può mica trattenere. Lasciamo che accada tutto, che accada di nuovo. Adesso non pensiamo al dopo. Adesso aspettiamo solo che la sera si svegli e spinga giù le nuvole. Ché per domani mettono sole. Lasciamo che stanotte sia una notte speciale, qui a Udine, che si schiuda in un bacio un amore impossibile, di quelli che avranno bisogno di essere scritti, di diventare testo, come medicina per il dolore. Liberiamo questo amore, per stanotte. Lasciamo che nascano di nuovo qui, per un milione di volte, Romeo e Giulietta. E lo so che tutti avete ben chiaro in mente come andrà a finire, cari i miei saputelli. Ma fate finta di niente, oggi... eh? 
Acqua in bocca.
Facciamo che stanotte si sogna e basta.

3 commenti:

ippolito ha detto...

che bello, che bellissime parole, oggi c'è anche il sole e siamo nel nostro nido udinese...

canzoni di viaggio ha detto...

...ci sono passata in macchina, stanotte, verso le 3 e mezza o giù di lì. in incognito come luigi. mentre l'acqua che aveva immerso le strade stava evaporando per il calduccio... vapore, sì. e io sola, con loro due. beeeello...

ippolito ha detto...

ma di che epoca sei? In quale anno vivi quando puoi estraniarti da tutto? Forse il Cinquecento è il tuo secolo ideale